PRESENTI/ASSENTI

Volti di poeti, scrittori, artisti, musicisti, attori, registi, politici, economisti, scienziati e filosofi si offrono allo sguardo come i protagonisti di una mitologia quotidiana, rispettosa eppure desacralizzante, in una volontaria commistione tra comunicazione di massa e problematiche artistiche. Quella di Cufrini vuole essere testimonianza lieve eppure indispensabile, ovvero di essere traghettatore consapevole di culture allo sbando, archeologo e visionario, scopritore e inventore. Come sottolineato in un puntuale scritto di Loredana Rea, “sono i simulacri di un tempo senza più tempo, scelti per esemplificare il significato di una presenza differente, che rischia di essere sopraffatta dalla noncuranza. Personaggi effigiati si susseguono con l’intento di recuperare la flagranza della loro vita e il significato delle loro scelte comportamentali, sempre fuori dai modelli imposti dalla società”.

Non è un caso, allora, che dal suo prologo ad oggi, il lavoro di Cufrini imbandisca una fibra sottile ma consistente che tenga fede – come percorso inarrestabile – ad un preciso intento narrativo all’interno del quale le anime dell’esistenza-presenza e della mancanza-assenza sono direttrici innegabili o, meglio ancora, terra feconda di incontro e di conflitto.
Credo che un artista sia tale laddove colga la “sostanza” del proprio intervallo sociale e su di questa apparecchi la proiezione immaginifica del proprio “sentire”, legge la contemporaneità come tempo di confine e pertanto privo di sollievi o di solide persuasioni su ciò che è, su ciò che sarà”, afferma Rocco Zani.
Da qui la necessità, prosegue Loredana Rea, di comporre “una sorta di galleria della memoria, in cui le icone della contemporaneità, nutrite dalla persistenza e dall’ammirazione, si susseguono”.
Ma non è questo un gettar le armi o un indugio nel pantano del remoto, piuttosto la consapevolezza – rara – di repertare il tempo dei padri – ultima frontiera di evidenze – affinché nulla di ciò sia annullato da un sentire comune (quello attuale) disabituato allo “sguardo degli altri” e piuttosto incline al seppellimento del cuore.